
Il Diario del mio Bisnonno. Mi chiamo Matteo Signorile e sono un appassionato di genealogia e storia familiare. Vivo a Torino e studio Storia all’università, con un particolare interesse per le vicende familiari e il passato delle persone. Voglio raccontarvi come è nata la mia passione per la genealogia.
Non ho mai prestato molta attenzione alle storie di famiglia. Per me erano racconti lontani, echi di un passato che non mi riguardava. Ma tutto è cambiato il giorno del mio diciottesimo compleanno, quando mio nonno mi ha regalato un vecchio diario dalla copertina in pelle consumata. L’odore di carta antica e inchiostro sbiadito mi ha avvolto appena l’ho sfiorato.
“Questo apparteneva a tuo bisnonno, Giovanni. Leggilo con attenzione, potrebbe insegnarti molto” mi ha detto con un sorriso enigmatico, gli occhi brillanti di un’emozione che non riusciva a nascondere.
Il Regalo del Nonno
Curioso, ho aperto il diario. Le pagine ingiallite raccontavano più delle parole: conservavano il tempo, i sacrifici, il dolore e la speranza di un uomo che aveva vissuto un’epoca difficile. La prima data mi ha colpito subito: 12 settembre 1943.
La Prigionia di Giovanni
Era il giorno in cui il mio bisnonno, allora un giovane soldato italiano, venne catturato dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. In quel momento, migliaia di soldati italiani si trovarono improvvisamente senza ordini chiari, abbandonati dal comando centrale. Molti, come Giovanni, furono fatti prigionieri e deportati nei campi di lavoro in Germania, mentre altri tentarono di unirsi alla resistenza o di tornare alle proprie case attraverso percorsi pericolosi e incerti.
Attraverso quelle righe mi sono immerso in una storia che mai avrei immaginato. Giovanni raccontava la fame, il freddo pungente che penetrava nelle ossa, le marce forzate lungo strade fangose e gelide e la prigionia in un campo di lavoro in Germania, dove l’odore acre di ferro e sudore impregnava l’aria.
Descriveva la paura nei suoi occhi e in quelli dei suoi compagni, ma anche la speranza, il conforto di un pezzo di pane condiviso e la forza della fratellanza tra uomini uniti dalla stessa sorte. E soprattutto, il desiderio ardente di tornare a casa.
La Famiglia di Giovanni
Ma tra le pagine del diario non c’erano solo dolore e guerra. Giovanni parlava spesso dei suoi genitori, Pietro e Maria, contadini dal cuore grande che lo avevano cresciuto con amore e sacrificio.
Raccontava di sua moglie, Anna, la donna che aveva sposato poco prima di partire per il fronte. Anna aveva vissuto quegli anni nell’attesa, scrivendo lettere che non ricevevano risposta, pregando ogni sera davanti alla finestra con la speranza di vederlo tornare. Con il passare del tempo, il silenzio divenne un peso insopportabile, ma non perse mai la speranza.
Ogni mattina si svegliava con la stessa routine, stringendo tra le mani una vecchia fotografia di Giovanni, cercando di immaginare il momento in cui sarebbe tornato a casa. Anche quando giunse la notizia della sua scomparsa, non smise mai di credere che forse, un giorno, avrebbe rivisto il suo volto.
Parlava della sua voce, calda e rassicurante, e dei suoi occhi, profondi e intensi, capaci di trasmettere forza anche nei momenti più difficili. E soprattutto, scriveva di suo figlio, Carlo, che aveva lasciato neonato e che sperava di poter rivedere un giorno.
Ogni notte, sotto la luce tremolante della mia abat-jour, divoravo le pagine di quel diario. Sentivo la voce di Giovanni farsi sempre più familiare, quasi come se fosse lì accanto a me a raccontare di persona. Ho scoperto che aveva tentato più volte di fuggire, rischiando la vita per la libertà.
L’Ultima Pagina del Diario
Poi, all’improvviso, il diario si interrompeva. L’ultima frase, scritta con mano tremante, raccontava di un attacco improvviso, delle urla spezzate dai colpi di fucile e della corsa disperata attraverso il fango della trincea. Il tratto dell’inchiostro si fermava bruscamente, come se Giovanni fosse stato interrotto nel mezzo di un ultimo pensiero. Non c’era alcuna conclusione, solo il vuoto lasciato dal silenzio di quelle pagine non scritte.
La Scomparsa e l’Eredità di Giovanni
Dopo la guerra, Giovanni non fece mai ritorno. Fu dichiarato disperso in battaglia, e alla sua famiglia giunse solo una Croce al Merito Militare, insieme ad alcuni effetti personali che Giovanni teneva con sé in trincea: un orologio da taschino e il suo diario, accompagnati da una lettera ufficiale che lodava il suo coraggio.
Anna lo attese per anni, sperando in un miracolo che non arrivò mai. Carlo crebbe senza un padre, con il ricordo sbiadito di un uomo che aveva dato tutto per la sua patria e la sua famiglia. Quando imparò a leggere, lesse il diario di suo padre e da quelle pagine apprese lezioni di vita profonde e fondamentali. Il diario di Giovanni divenne un piccolo tesoro, tramandato di padre in figlio, un testimone silenzioso della loro storia.
Con ogni parola letta, sentivo crescere un legame profondo con il mio bisnonno. Quelle esperienze non erano più solo storie, ma parte della mia eredità. Ho capito che il coraggio e la resistenza di Giovanni mi scorrevano nel sangue, e con essi anche il dovere di preservarne la memoria.
La Memoria e la Ricerca
Quella notte non ho dormito. Ho pensato a quanti racconti simili giacciono dimenticati in vecchi cassetti, quanti antenati hanno lasciato tracce invisibili che aspettano solo di essere riportate alla luce.
Ho pensato a quanti altri diari sono stati scritti nel tempo, testimonianze preziose di vite vissute. Anna Frank ha raccontato il dramma della sua famiglia e di molti altri, ma esistono anche diari meno noti, che narrano storie di padri e madri, figli e figlie, dispersi nei momenti cruciali della storia.
Il Diario del mio Bisnonno
Sarebbe bello raccogliere questi racconti, creare una collezione di diari di famiglia, per far rivivere le voci di chi ci ha preceduto e conservare la loro memoria per le generazioni future.
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